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lunedì 2 aprile 2018

A CARTE SCOPERTE spin-off della serie "Timber Towers series" di MARNI MANN


Un passato pieno di abusi, un presente vissuto sui tavoli da gioco, dove il controllo di quello che succede è nelle sue mani, letteralmente, un futuro che si chiama Brea. Ma quel futuro porta con sé dei fantasmi che tornano a ferire Trapper, che lo rimandano indietro in quel posto dove, da bambino, non riusciva a scappare. Questo il romanzo di Marni Mann in uscita a metà mese...



Data d'uscita: 11 APRILE 2018

Titolo: A CARTE SCOPERTE

Titolo originale: Wild aces
Autore: Marni Mann
Editore: Quixote Edizioni
Genere: Dark Erotic Romance
Prezzo: eBook € 4,49 - cartaceo €
Pagine:

SPIN-OFF della serie TIMBER TOWERS


Non mi picchiava perché pensava che avessi messo gli occhi su sua figlia. Mi picchiava perché poteva. Perché avevo bisogno della sua casa e del suo cibo, e della sua cosiddetta cura. Mi picchiava perché sapeva che non mi sarei ribellato.
Sono passato da una casa abusiva all’altra ed erano tutte uguali: il gusto del sangue sulla mia lingua, il suono delle ossa rotte nelle mie orecchie.
Era quella la mano di carte che mi era capitata.
Ma quando finalmente sono riuscito a sfuggire da quel sistema che mi ha lacerato e distrutto, ho dedicato la mia vita a vendicarmi di coloro che avevano alzato le mani su di me, che mi avevano sputato addosso, che mi avevano detto che io ero niente.
Ero pronto a combattere.
L’ambiente in cui mi muovevo mi ricordava costantemente chi fossi e da dove venissi. E l’attività era fiorente.
Poi ho conosciuto Brea. Lei è stata del tutto inaspettata, come un jolly in un mazzo di carte. Potevo percepire il suo passato doloroso, ma ho fatto della sua luce il mio nutrimento. Era la fuga dalle tenebre che mi circondavano. Il mio momento di libertà.
Poi quel momento è finito.
E non appena si è aperta la porta, i miei peggiori incubi erano lì ad aspettarmi. Brea era stata risucchiata dall’ombra della mia distruzione e alla fine aveva visto il mio lato peggiore.


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Estratto
Diciassette anni prima
Sangue. Ne sentivo il sapore. Non sapevo se provenisse da un dente caduto o se gocciolasse dal naso, che di sicuro era ridotto male. Avevo il labbro spaccato, e sentivo dolore dentro la bocca.«Tu, maledetto porco insignificante,» sentii.Volevo coprirmi le orecchie, così non avrei più dovuto ascoltarlo, ma non potevo. Dovevo massaggiare tutti i punti in cui mi aveva preso a calci e cercare di farli migliorare. Stavolta, era la parte posteriore della coscia. Accidenti, mi aveva fatto così male quando c’era saltato sopra. Mi si era irrigidita tutta la gamba, e il dolore si era irradiato fino alla caviglia. Spinsi indietro le spalle, cercando di allungare il corpo, e fu allora che mi diede un calcio nel sedere, proprio fra le chiappe, in un modo che sembrava mi avesse aperto il culo.«Che cosa ti avevo detto riguardo a Gracie?» urlò. «Lei è fuori dalla portata delle tue manacce e dei tuoi maledetti occhi.»Un altro calcio - stavolta sul fianco.Craack.Gridai. Non ero riuscito a sopportarne il dolore. Il rumore mi disse che mi aveva rotto una costola, e non era la prima volta. Sapevo cosa avrei provato, quanto sarebbe stato difficile respirare. Mi prese ancora a calci, pochi centimetri più in basso. Stessa sensazione, stesso craack, identico grido a sfuggirmi di bocca. Vedevo lampeggiare delle piccole stelle argentate davanti agli occhi, e avevo la pelle ricoperta di sudore.Sapevo cosa sarebbe accaduto dopo. Accadeva sempre, quando il dolore era così intenso. Strisciai in avanti solo per scappare via da lui. Mi seguì, calpestandomi un polpaccio, mentre vomitavo. Tutto ciò che ne uscì fu sangue. La colazione era ormai lontana, e lui non mi aveva dato nulla per cena. Aveva detto che non c’era cibo a sufficienza per tutti. Ma lui aveva mangiato. Così come tutti loro. Tutti eccetto me.Il sangue che mi usciva dalla bocca non lo fermò. Sembrò autorizzarlo a prendermi a calci con più forza – nella parte posteriore dell’altra gamba, stavolta. «Spiare tua sorella adottiva mentre si prepara in bagno? Che razza di maiale sei?»Tuttavia non l’avevo spiata. Gracie non era neppure in casa, stanotte. Ero giù nel seminterrato, dove dormivo su un materasso posato sopra il pavimento lercio, e sfogliavo una delle riviste che gli avevo rubato da sotto il letto. Non aveva senso fornire delle spiegazioni a lui o a tutti coloro che in passato mi avevano incolpato di qualcosa. Ero sempre stato accusato di qualcosa che non avevo commesso. Tuttavia, guardando il mio corpo, non direste che sono innocente. E quando ripenso al modo in cui mi hanno trattato, quasi stento a riconoscermi.Non mi picchiava perché pensava stessi spiando Gracie. Mi picchiava perché poteva. Perché avevo bisogno della sua casa, del suo cibo e della sua cosiddetta cura. Perché non avrei reagito.«Gracie non è come quelle ragazze delle riviste su cui ti fai le seghe,» disse.«Si diplomerà quest’anno, avrà successo e mi sistemerà in una casa davvero carina. Non le servono i ragazzi come te, che la fissano inebetiti, mentre si sfregano quel piccolo cazzo, nella speranza che venga a trovarti e ti cavalchi.»
La sporcizia del pavimento del seminterrato mi ricopriva le labbra e l’interno della bocca. Quando la sputai, fu sostituita dal sangue. Molto sangue.
 
Ma ero io quello che aveva avuto in cambio, quando mi ero tolto quella maledetta maschera, non l’uomo con cui aveva condiviso il passato e che aveva la mia stessa faccia. Questo aggiungeva così tante incognite a quella che era stata una delle peggiori mani della mia vita… una di quelle con cui non avrei voluto avere a che fare, in primo luogo.Collegavo tutto al poker. Era una lingua che capivo, ed era l’unico modo in cui riuscivo a dare un senso alle cose, calcolando le probabilità e i rischi basati sui possibili risultati. Le possibilità di ottenere una scala reale erano meno dell’uno per cento; non me n’era mai capitata una, e giocavo da anni.
 
Sfregò le nocche contro la mia guancia, catturando ogni lacrima che cadeva. «Smettila di preoccuparti, piccola. Sei troppo ansiosa, e non ce n’è ragione.»«Cody, non posso farne a meno. Sono solo preoccupata per te. Di continuo. E ora che è successo questo...»«Lascia che sia io a occuparmi delle preoccupazioni, tu occupati dei sorrisi.»Feci un gran sorriso, perché sembrava averne bisogno. Ne avevamo bisogno entrambi.«Ecco. Proprio così. È questo che voglio tu mostri al mondo, Brea – ovvero quanto sia meraviglioso il tuo sorriso.»Le lacrime si erano fermate, ma il nodo che avevo alla gola non si era sciolto per niente. «Mi avevi detto che non ti saresti mai ferito.» Guardai in basso, verso la sua mano che era stata appena ingessata, e il braccialetto di carta nell’altro polso che elencava il suo nome, la sua data di nascita e il nome dell’ospedale. «E che non mi avresti mai lasciata. Invece stanotte stavano quasi per accadere entrambe le cose.»«Ma non è successo. Sto bene.»«Ti sei rotto…»«Sto bene,» mi ripeté, attirandomi sopra il letto dell’ospedale. Mi fece rannicchiare sotto il braccio sano, premendomi la faccia contro il suo petto. Sentii le sue labbra sulla mia testa.«Stai cercando di uccidermi? Perché se non mi ha uccisa la preoccupazione, ricevere un’altra telefonata come quella di stanotte lo farà di sicuro.»«No, Brea. Sto cercando di amarti con tutto ciò che possiedo.»


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